Interocezione come percezione delle sensazioni fisiologiche dell’intero corpo

Descrivendola con altre parole essa può essere considerata come la capacità di avvertire/sentire in modo conscio ed inconscio i movimenti viscerali (tra cui battito cardiaco, respiro, peristalsi, sensazione di fame e sete, …) le modificazioni metaboliche (pH, pO2, …), la risposta interiore che hanno gli eventi tenuto conto della dimensione affettiva, emozionale e motivazionale.
Dunque si comprende come l’interocezione al momento sia un concetto ampio che comprende diversi aspetti della persona contemporaneamente: le emozioni, la fisiologia, il pensiero, il corpo, … si integrano e sono percepiti sotto forma di sensazioni corporee.

L’interocezione nel cervello
A livello cerebrale tutte le informazioni inviate dal corpo raggiungono diverse aree cerebrali tra cui l’insula, la corteccia prefrontale, l’area sensitiva primaria, la corteccia cingolata anteriore, la sostanza grigia periacqueduttale.
Tra queste l’insula (una porzione del cervello che si situa appena al di sotto della corteccia) ha un ruolo primario: a questo livello sembra si creino delle “mappe corporee” in cui diversi circuiti cerebrali portano le loro informazioni sovrapponendo sensazioni interne, sensazioni esterne, azioni, emozioni, motivazioni e pensieri.

Il lobo dell’insula, porzione chiave del cervello coinvolta nell’interocezione

Dalla metà del secolo scorso si sono moltiplicate le pubblicazioni specialistiche relative alla capacità del corpo di processare le informazioni interocettive derivanti dai vari organi o sistemi.
Ne sono un esempio la capacità di percepire il battito cardiaco, la percezione della fame o della pienezza, il calore e il freddo, le sensazioni gradevoli e sgradevoli, etc.
La neurofisiologia insegna che l’insula sia coinvolta nei processi di attenzione, nel prendere decisioni, nella consapevolezza senso-motoria, nel percepire il tempo, nell’empatia, nell’ascolto e produzione di musica, nel dolore, nella regolazione dei sistemi organici.
Da questo si può dedurre che l’interocezione abbia influenza su molti comportamenti e più in generale nella regolazione di quel meccanismo fondamentale per il corpo che è l’omeostasi o se si vuole in un concetto più esteso l’allostasi.

La risposta dell’organismo
L’allostasi può essere considerata come la capacità di mantenere la stabilità dei sistemi fisiologici tramite un cambiamento, ossia la capacità dell’organismo di adattarsi alle diverse richieste dell’ambiente interno ed esterno.
Essa ha a che vedere con il concetto ingegneristico della resilienza, dove quest’ultima in psicologia è intesa come l’abilità a far fronte in maniera positiva ad eventi avversi o in generale stressanti.

 

La resilienza è un’abilità che permette di adattarsi in diverse condizioni di vita

L’interocezione, quindi, è un’insieme di percezioni che coinvolge l’intero organismo che racchiude mente e corpo in una stretta relazione.
Si può capire come un’alta interocezione sia collegata ad una buona consapevolezza del sé, includendo la consapevolezza del proprio corpo e delle proprie emozioni.
Aumentando la consapevolezza è possibile rispondere alle richieste dell’ambiente in modo più efficace, mettendo in gioco la resilienza e di conseguenza un’efficiente meccanismo di allostasi.

Un organismo con un’interocezione organizzata:
– Si adatta più facilmente
– Sopravvive
– È sicuro

Viceversa, un’interocezione alterata espone a:
– Affaticamento
– Entra in allerta e porta all’ansia patologica

Attualmente un’alterazione nell’interocezione è supposta essere alla base di patologie come:

  • Stress da disturbo post-traumatico
  • Anoressia e bulimia nervosa
  • Depressione maggiore
  • Dolore cronico

Per concludere, le possibilità attualmente oggetto della ricerca sulla capacità di aumentare la consapevolezza sono diverse. Tra le varie si citano la meditazione e la mindfulness che con la loro capacità di riorientare l’attenzione verso le sensazioni interocettive sono naturalmente votate alla consapevolezza.

 

L’ascolto del corpo e delle sensazioni ad esso collegate sono fondamentali per una buona consapevolezza

La rappresentazione dello stato corporeo attuale o, come dice Damasio, online, così come cambia momento per momento, avviene su siti corticali (mappe della corteccia sensoriale-motoria, topograficamente organizzate in base a segnali provenienti dai muscoli grazie) e sui siti subcorticali, non mappati, deputati alla ricezione di segnali provenienti dai visceri. Il risultato di tutti questi feedback corporei è il senso dell’organismo nel suo insieme, che è sempre presente, almeno sullo sfondo, finché non vi dirigiamo l’attenzione. La rappresentazione dello stato potenziale del corpo, invece, deriva dalla propriocezione e dall’interocezione (complessivamente indicate come enterocezione). 

Grazie a tale percezione di base, si costituisce anche il “senso di essere”, la nostra identità biologica, che è il significato più ‘basso’, elementare possibile che possiamo attribuire alla parola “sè” (“sé biologico”). 

L’interocezione è una consapevolezza interna soggettiva nel  momento in cui si sente un’emozione nel corpo (i recettori nervosi sensoriali, gli interocettori, ricevono e trasmettono sensazioni dagli stimoli all’interno del corpo). Di contro le posture, espressioni facciali ed i gesti, esprimono esternamente stati emotivi interni, comunicandoli agli altri (Ogden, 2009). La consapevolezza corporea di sè include l’interocezione, ovvero il sentire il nostro respiro, digestione, rabbia, attivazione, dolore, emozione, fatica, e allo stesso tempo una consapevolezza di movimento e coordinazione fra le diverse parti del corpo e fra il corpo e l’ambiente. Essa concerne l’essere in un presente emozionale soggettivo cui spesso si utilizzano i termini feeling ed emotion come sinonimi. Soprattutto nelle lingue romanze, invece, è possibile discriminarli in modo più raffinato: in lingua italiana, ad esempio, si distingue l’emozione dal sentire e dal sentimento

Si propone d’intendere il sentire come distinto non solo dall’ emozione, ma anche dal sentimento: questo è definibile, piuttosto, come uno stato mentale vero e proprio, sempre consapevole, temporalmente successivo all’emozione, anzi, ad una collezione di emozioni. Un sentimento elaborato come l’amicizia, ad esempio, non è semplicemente la percezione cosciente di un’emozione: è identificabile, piuttosto, con uno stato a lungo termine che coinvolge l’individuo in una serie di emozioni. A differenza anche del sentimento, dunque, il sentire potrebbe allora essere ascritto alla componente soggettiva insita nel provare un qualunque stato psicologico. In questa sede, si propone di utilizzare il termine sentire (feeling) per riferirsi all’intera ‘collezione di stati’ che possono essere ‘sentiti’ (come le emozioni, ma anche bisogni, desideri, motivazioni ecc.).

Una delle questioni fondamentali da porsi, infatti, è se per ‘sentire’ sia intrinsecamente necessaria una base neocorticale o se il ‘sentire’ non sia, piuttosto, una dimensione più radicata a livello corporeo di quanto si è soliti ritenere. Che cosa hanno in comune gli stati che possono essere provati? Ve ne sono alcuni che possono esserlo e altri no.

In ambito neuroscientifico, invece, tale prospettiva è decisamente centrale. Sin da Descartes’ Error (1994) A. Damasio, ad esempio, ha proposto, una formulazione del ‘sentire’ in cui emerge in modo evidente questa radice corporea. Il neurobiologo propone, infatti, una visione organismica con cui tenta di superare il nuovo dualismo (proprio dello stesso approccio neuroscientifico) tra cervello e corpo. Al fine di semplificare, infatti, le neuroscienze hanno preso in considerazione prevalentemente la relazione mente/cervello, che ha surclassato il ruolo del corpo nella costituzione degli stati mentali. Allo stato attuale delle ricerche, invece, non si può più considerare il corpo semplicemente il “contenitore” del cervello: il suo ruolo sembra altrettanto fondamentale per andare a costituire ciò che si definisce, in modo ancora nebuloso, mente.

Riguardo alla classificazione del sentire, più in particolare, Damasio ha proposto un concetto non ortodosso, quello dei background feelings, una sorta di concetto specchio rispetto alle background emotions, introdotte dallo stesso nella già problematica tassonomia delle emozioni, di cui il neurobiologo fornisce l’ennesima versione.

I am postulating another variety of feeling which I suspect preceded the others in evolution. I call it background feeling because it originates in “background” body states rather than in emotional states (1994, 150). Damasio

Damasio introduce l’ulteriore livello delle emozioni di fondo, emozioni o, meglio, “protoemozioni” che precedono tutte le altre a livello filogenetico ed ontogenetico, e che non richiedono necessariamente il linguaggio per essere espresse o identificate (1999, 52). Emozioni di fondo sono stati come malessere, benessere, tensione, irritabilità, ossia «collezioni complesse di stati corporei basati sugli stati fondamentali di piacere e dolore» «Complex collections of bodily changes, basic homeostatic processes, pain and pleasure behaviours, regulatory responses of the organism» (Damasio 1999, 52). 4 S. Harnad (2001), infatti, ha proposto di chiamarle motions invece di emotions., aspecifiche e precedenti rispetto alle emozioni propriamente dette (a partire da quelle primarie). Non si tratta, quindi, di emozioni: Damasio le definisce tali, ma vi si differenziano, in quanto emergono da uno stato corporeo complessivo online, nel senso che restituiscono la condizione in cui versa il proprio corpo, considerato non in una sua parte specifica, ma come un tutto

Quando si è “rilassati” o “tesi”, ad esempio, non è una parte del proprio corpo che è rilassata o tesa, ma questi stati “emergono” dal complesso dei feedback corporei ricevuti.

Le emozioni di fondo sono stati regolatori dell’organismo, compresi tra quelli che, a partire dalla regolazione metabolica fino alle emozioni secondarie o sociali, si occupano di tenere in equilibrio l’organismo. Si distinguono dalle emozioni (per esempio quelle primarie, che sono le più simili e hanno sempre un oggetto specifico), per la loro aspecificità. 

Quando si è ‘tesi’, ad esempio, non necessariamente è possibile risalire ad un oggetto specifico che sta producendo tale tensione, che si verifica primariamente a livello corporeo: è la relazione con il mondo in generale a provocare uno stato tensivo. L’origine può essere esterna, come in questo caso, o interna, quando proviene da reazioni viscerali.

Tradurre background feelings con l’espressione sentire di fondo piuttosto che con quella sentimenti di fondo della traduzione italiana Adelphi. Le emozioni di fondo diventano sentire di fondo quando se ne diventa consapevoli; quando si portano in primo piano dallo sfondo, da questo background, le emozioni di fondo vengono percepite e diventano sentimenti di fondo (questo, d’altronde, rende bene anche il senso della etimologia della parola emozione, da ex– movere = ‘muovere da’ uno stato preesistente, sempre sullo sfondo).

Damasio si premura di distinguere fra emozione e feeling (inteso alternativamente come ‘sentire’ e ‘sentimento’) e propone una propria classificazione non ortodossa anche del sentire, introducendo l’ulteriore livello tassonomico dei background feelings. Nel più recente Looking for Spinoza (2003), Damasio cerca di definire il ‘sentire’ (feeling) ripartendo dal concetto di spinoziano di affectus.

Essi non derivano dalle emozioni propriamente dette (a partire da quelle primarie), ma le precedono, in quanto percezioni consapevoli di collezioni di stati corporei definiti, appunto, emozioni di fondo. Il termine sentimento, quindi, risulta estremamente inappropriato per coprire l’intero spettro del sentire e differisce, soprattutto, dal sentimento (o sentiredi fondo.

Sentire non riguarda solo le emozioni, ma anche i bisogni, le motivazioni, i desideri, ecc., che hanno la caratteristica comune di comprendere una componente valutativa (a diversi livelli di complessità) e feedback provenienti dalla percezione dello stato corporeo complessivo attraverso la cosiddetta enterocezione, che può avvenire a due livelli. Il primo è quello della propriocezione, la percezione del corpo come struttura muscolo- scheletrica; il secondo livello è quello dell’interocezione, il senso del corpo proveniente dai visceri e dal milieu interno, dall’equilibrio omeostatico (Damasio 2003 e Gallagher 2005).

Il sentire, infatti, rivela una profonda ed ineludibile radice corporea, che non risiede soltanto nel cervello: la retroazione del corpo, a livello propriocettivo ed interocettivo, coinvolge tutto il corpo (di cui il cervello, naturalmente, fa parte). È necessario, dunque, superare il dualismo corpo/cervello in cui anche le neuroscienze sono ricadute. Damasio riconosce un primato del somatico rispetto al mentale o, meglio, ribadisce che ciò che definiamo mentale, in realtà non deriverebbe da altro che da livelli sempre più complessi di organizzazione di una struttura biologica e corporea, in prima istanza.

Ora la condizione della consapevolezza del sentire viene chiamata anche Mindfulness. Osserviamo però che la parola mindfulness evoca una “mente piena” (l’aggettivo tardo-medievale da cui deriva significava “di buona memoria”), mentre quello di cui abbiamo bisogno è una “mente vuota” dei ricordi negativi e dei pensieri-spazzatura, per poter essere il più possibile “presenti” e “consapevoli” del qui e ora, Bodyfullness.